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Archivio News & Journal Club

Gli articoli citati sono ad accesso aperto.

Neuroscienze cognitive

2020 Feb 07  –  Nel 2011, Kate Jeffery e il suo gruppo di ricerca (University College London, UK) pubblicarono per la prima volta uno studio sull’attività delle cellule di posizione dell’ippocampo di ratto riferita allo spazio tridimensionale, cui hanno fatto seguito due articoli principali rispettivamente sui ratti e sui pipistrelli. Lo stesso gruppo ha appena pubblicato un nuovo studio nel ratto volto a definire le caratteristiche dei campi di posizione 3D. È stato impiantato un microdrive Axona per registrare senza fili l’attività delle cellule di posizione durante l’esplorazione di tre diversi apparati (un reticolo cubico allineato alla direzione della gravità oppure obliquo, e un’arena più schiacciata). I campi di posizione sono risultati paralleli ai tre assi degli apparati, oltre che significativamente meno accurati e stabili quando gli animali erano impegnati in spostamenti verticali, più difficili e lenti, e meno usuali (minore informazione lungo l’asse Z del cubo allineato). Inoltre, i campi si sono presentati significativamente più allungati di quanto atteso in base al caso.
Lo studio suggerisce che la rappresentazione cognitiva dello spazio tridimensionale nel ratto comporta una relazione fondamentale tra le caratteristiche strutturali dell’ambiente esplorato, la gravità, il movimento e la memoria. Tale rappresentazione, quindi, può combinarsi all’interno di un sistema di informazioni di dimensione superiore a tre.

Articolo originale

Trial clinici

2018 Lug 31  –  La stimolazione transcranica con ultrasuoni focalizzati guidata da imaging a risonanza magnetica è passata dalla sperimentazione in modelli animali a quella clinica, allo scopo di aumentare la permeabilità della barriera emato-encefalica e consentire il passaggio di agenti terapeutici dal circolo sanguigno ad aree selezionate del sistema nervoso centrale. La tecnica permette un intervento non invasivo di alta precisione – assistito in tempo reale da imaging, monitoraggio delle emissioni acustiche e termometria – in combinazione con l’infusione endovenosa di microbolle che potenziano gli effetti meccanici della stimolazione. Sono stati pubblicati i risultati del primo studio clinico pilota (fase I) completato presso il Sunnybrook Health Sciences Centre di Toronto, Canada, su 5 malati di Alzheimer ad uno stadio precoce o moderato della malattia, con l’obiettivo di testare sicurezza e fattibilità della procedura su un numero esiguo di partecipanti e operando per precauzione sulla corteccia del lobo frontale destro. Lo stimolo è stato settato a bassa frequenza (220 kHz) e potenza media di 4.5 W – pari al 50% di quella necessaria a generare cavitazione – con un’energia inferiore all’1% di quella richiesta in termoablazione. L’aumento della permeabilità della barriera emato-encefalica è stato transitorio (di durata inferiore a 24 ore, come mostrato in risonanza magnetica) e ripetibile dopo un mese su un volume focale doppio in 4 pazienti su 5. I controlli effettuati a 24 ore dagli interventi non hanno evidenziato avversità (in due pazienti, una immediata ipointensità si è risolta), né sono emerse variazioni dopo 7 giorni nei livelli di beta-amiloide o in test psicometrici eseguiti fino a 2 mesi dopo il secondo intervento. A settembre inizia la fase II della sperimentazione.

2019 Set 27  –  Dallo stesso Centro di Ricerca i risultati del primo studio clinico pilota su 4 malati di sclerosi laterale amiotrofica.

Articolo originale (2018)  |  Articolo originale (2019)

Epilessia

2019 Set 10  –  Le dinorfine sono peptidi oppioidi che derivano dal processamento del precursore preprodinorfina (pDyn l’acronimo inglese). Agiscono attivando recettori kappa (KOR) post-sinaptici e modulando l’eccitabilità dei neuroni. In pazienti epilettici e in modelli animali di epilessia del lobo temporale mediale (mTLE), i livelli di dinorfine risultano inferiori rispetto ai soggetti sani, non sufficienti ad impedire la propagazione di un attacco epilettico una volta rilasciate al suo insorgere. Un nuovo studio preliminare ha verificato in modelli animali di mTLE la fattibilità e gli effetti della trasduzione mediante vettore virale adeno-associato (AAV) di pDyn umana in neuroni dell’ippocampo, sede del focus epilettico. Con questo disegno sperimentale si ipotizza di potenziare la via endogena che porta al rilascio di dinorfine e minimizzare gli eventi avversi già noti con l’uso farmacologico degli agonisti dei KOR. Segue un riepilogo dei principali risultati pubblicati da Christoph Schwarzer (Medical University of Innsbruck, Austria) e collaboratori:
1) Nel modello di topo di mTLE indotta da acido kainico, l’infusione del costrutto AAV‐pDyn ha portato a una riduzione graduale e significativa delle scariche focali ippocampali osservate in un periodo di 3 mesi, oltre alla soppressione entro una settimana degli attacchi secondari generalizzati. Questi risultati sono stati approfonditi in vivo usando antagonisti dei KOR. 2) Sono state analizzate anche le capacità di apprendimento e memoria spaziale di questi topi: il trattamento con AAV‐pDyn ha portato a risultati confrontabili con i soggetti sani in due test con il Barnes maze. 3) Un trend consolidato di riduzione delle scariche epilettiche è stato osservato inoltre in un modello distinto di ratto, fino a 4 mesi dopo l’infusione nell’ippocampo di AAV-pDyn.
Questa tecnica di terapia genica promette di essere compatibile con trattamenti farmacologici, e si attendono ricerche pre-cliniche solide che ne confermino le potenzialità e la sicurezza. Da replicare ed estendere, in particolare, anche gli esperimenti relativi all’applicazione di dinorfina A e B su fettine ippocampali ottenute direttamente da pazienti sottoposti a resezione chirurgica del tessuto epilettico, come riportato in via preliminare nell’articolo in oggetto.

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Modelli matematici

2019 Set 05  –  Nell’applicare la teoria delle reti al cervello umano, questo viene rappresentato da nodi (le diverse aree cerebrali) interconessi da collegamenti strutturali (i tratti della sostanza bianca); segue la formulazione di un modello matematico che predica gli effetti di input esterni sulle dinamiche di interazione tra regioni cerebrali distribuite, puntando, in ultimo, a raggiungere uno specifico stato del sistema.
In un nuovo lavoro diretto da Danielle Bassett (University of Pennsylvania, Philadelphia, PA), la teoria delle reti complesse è stata usata per testare l’ipotesi che gli effetti della stimolazione elettrica sui cambiamenti di stato cerebrali siano demarcati principalmente dalla connettività offerta dalla sostanza bianca. In primo luogo, l’accuratezza delle predizioni basate su tale connettività (determinata empiricamente da immagini pesate in diffusione di pazienti epilettici sottoposti a stimolazione con griglie di elettrodi, allo scopo di identificare le aree di attivazione delle crisi) è stata validata usando un modello di sistema dinamico che approssimasse significativamente le variazioni nel tempo della potenza del segnale elettrocorticografico registrato. In secondo luogo, è stato scelto di identificare i parametri ottimali che determinano una transizione ad uno stato con aumentate probabilità di capacità di memoria verbale (sebbene il modello sia applicabile al raggiungimento di qualsivoglia stato, anche di rilevanza clinica in epilessia e depressione): il modello così impostato per il controllo ottimale ha fornito le soluzioni per gli input da applicare ad ogni nodo specificato. Passando a un regressore di foresta casuale, è possibile prevedere di minimizzare l’energia necessaria alla transizione considerando la distanza tra stato iniziale e finale del sistema, l’influenza dell’architettura della rete e le caratteristiche anatomiche e fisiologiche delle aree cerebrali in esame.

Articolo originale  |  Info su isc.cnr.it

Cellule della glia

2019 Aug 08  –  L’attivazione di microglia e astrociti è parte della risposta neuroinfiammatoria cronica a una lesione cerebrale traumatica (TBI, acronimo inglese) e può contribuire a deficit neurologici e psichiatrici nel lungo termine. Joseph El Khoury, Michael Whalen e collaboratori hanno analizzato i cambiamenti nel tempo dell’espressione genica delle microglia in topi sottoposti a impatto corticale controllato, un valido modello di TBI. A distanza di 2, 14 e 60 giorni dal trauma (fase acuta, subacuta e cronica, rispettivamente), le cellule della microglia sono state isolate dall’intero cervello mediante citofluorimetria ed avviate all’analisi quantitativa dell’espressione genica mediante la piattaforma NanoString nCounter Mouse Inflammation v2. In fase sia acuta che subacuta, i risultati ottenuti per cluster di geni specifici hanno indicato ridotte capacità della microglia di rispondere ai danni tissutali, eseguire funzioni cellulari di base e mantenere l’omeostasi nel sistema nervoso centrale; tali funzioni sono risultate parzialmente ripristinate a 60 giorni dalla lesione. A quest’ultimo stadio è emersa anche una chiara transizione verso processi sia pro-infiammatori (ad esempio, sono stati osservati cambiamenti che interessano le vie di segnalazione dell’interferone gamma) che anti-infiammatori (upregolazione dell’espressione genica per le interleuchine 4 e 10). I geni che codificano per CD40 e interleuchina 1β, entrambi associati a processi neuropatologici, figurano tra quelli upregolati a 60 giorni e identificati con maggiore confidenza.
Lo studio è il primo a prendere in esame la fase cronica in un modello animale di TBI: comprendere il ruolo della microglia nella patogenesi della TBI può contribuire allo sviluppo di interventi mirati, per i quali sono particolarmente necessarie anche ricerche di biologia molecolare a livello delle singole cellule.

Articolo originale 

Neuroscienze cognitive

2019 Mag 6  – Unitamente all’elaborazione di risposte emotive, l’attività dei neuroni dell’amigdala è stata associata ad alcune forme di apprendimento associativo, comportamento economico ed elaborazione di informazioni di carattere sociale. In un lavoro guidato da Fabian Grabenhorst dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito, la registrazione elettrofisiologica di singoli neuroni dell’amigdala di Macaca mulatta e l’uso di modelli di interpretazione dati e predittivi ha permesso di caratterizzare una nuova attività di simulazione mentale. I macachi sono stati sottoposti a due a due (un osservatore e un partner impegnato attivamente) a un test di apprendimento del valore di specifiche immagini presentate su uno schermo. Sia osservando le scelte del partner che per esperienza diretta, tali valori sono risultati codificati in preminenza dall’attività di gruppi di neuroni condivisi e appartenenti al nucleo laterale dell’amigdala, importante per l’apprendimento associativo. I ricercatori hanno suggerito che un confronto tra i valori assegnati alle diverse immagini emergesse dall’inibizione mutuale tra gruppi di neuroni corrispondenti, e che questo fosse necessario ai macachi per procedere a rappresentare sia i processi decisionali altrui che i propri. Inaspettatamente, però, i processi decisionali del partner sono risultati simulati dall’attività di specifici neuroni della simulazione in prevalenza distinti da quelli che codificano processi analoghi per sé, co-localizzati con questi principalmente nel nucleo basomediale. Per la prima volta i meccanismi che contribuiscono alla rappresentazione di uno stato mentale altrui sono stati descritti nell’amigdala dei primati con questo dettaglio, con implicazioni per lo studio delle interazioni sociali anche umane.

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Neuroscienze cognitive

2019 Apr 29  –  La rappresentazione degli stimoli ambientali e dei segnali viscerali che riportano lo stato del corpo si presenta unificata e integrata nelle aree cerebrali preposte. Catherine Tallon-Baudry e colleghi (Ecole Normale Supérieure, Université PSL, e INSERM, Parigi, Francia) hanno raccolto in una review suggestiva le evidenze ancora frammentate del contributo dato alle percezioni, alle emozioni e allo stato di coscienza dalle attività elettriche intrinseche del cuore e del tratto gastrointestinale.

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Modelli matematici

2019 Apr 18  –  Le stategie cognitive di tipo esperenziale, che includono l’empatia e l’attività dei neuroni specchio, sono caratterizzate da correlati neurofisiologici simili tra un osservatore e un soggetto osservato. L’osservatore può quindi usare le informazioni sul proprio stesso stato per comprendere quello altrui, combinandole con altre apprese e memorizzate. Un modello basato sulla teoria dei giochi messo a punto da Fabrizio Mafessoni (Max Planck Institute, Leipzig, Germania) e Michael Lachmann (Santa Fe Institute, New Mexico) suggerisce che empatia e contagio emozionale si siano evoluti per assistere una corretta simulazione mentale, cioè la capacità di predire le intenzioni e le azioni degli altri in un contesto sociale complesso. Lo stesso modello algoritmico porta gli autori a discutere dell’inibizione di azioni imitative.

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Cellule della glia

2019 Gen 10  –  Nel 1999, la proposta delle sinapsi tripartite da parte di Alfonso Araque e colleghi enfatizzò il concetto che gli astrociti – mediante comunicazioni bidirezionali con gli elementi circostanti inclusi i neuroni – siano componenti attivi e integrali dei circuiti neurali. Le tecniche di imaging per misurare le variazioni di concentrazione intracellulare di ioni calcio e, più di recente, sensibili avanzamenti in microscopia ottica, hanno contribuito in vivo e in fettine cerebrali a chiarire come queste cellule integrino i segnali provenienti dai neuroni (glutammato, acetilcolina, ATP, GABA ed endocannabinoidi tra i neurotrasmettitori; neuromodulatori; variazioni indotte nell’ambiente extracellulare) e rilascino gliotrasmettitori tra cui glutammato, ATP/adenosina, D-serina e GABA. Nella review riportata di seguito, Araque e la dottoranda Caitlin Durkee prendono in esame gli esperimenti che illustrano l’alta specificità di questi processi, e il contributo dato dagli astrociti a funzioni elevate del sistema nervoso attraverso la modulazione della trasmissione sinaptica e dell’eccitabilità dei neuroni.

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Lesioni spinali

2018 Dic 9  –  L’84% dei paraplegici con lesione mielica di grado A della scala ASIA (completa assenza di funzionalità motoria e sensitiva a livello S4-S5) mostra segnali neurofisiologici al di sotto del livello della lesione, ascrivibili alla permanenza di una residua continuità del midollo. Ipotizzando di poter riattivare le connessioni nervose residue grazie a un opportuno protocollo di riabilitazione non invasivo e a lungo termine (28 mesi), un gruppo di ricerca guidato da Miguel Nicolelis ha pubblicato il più ampio studio noto sull’iniziale recupero clinico e funzionale di pazienti adulti (26-38 anni) in fase cronica colpiti da lesione spinale traumatica a livello toracico: sei sono passati da ASIA A a C, uno da B a C. Il protocollo, denominato Walk Again Neuro-Rehabilitation, ha previsto 1) l’utilizzo di interfacce neurali con feedback visuo-tattile (BMIs, acronimo inglese di brain-machine interfaces) per il controllo di un avatar in ambiente digitale o di sistemi robottizati, tra cui il Lokomat®; 2) esercizi assistiti di locomozione attiva. Schemi riabilitativi progressivamente più complessi hanno accompagnato un progressivo recupero, correlato in particolare all’uso di BMIs. Questo dato ha suggerito l’implicazione di processi di plasticità neurale in aree corticali e subcorticali. Nel dettaglio, tutti i pazienti hanno recuperato significativi livelli basali di sensibilità tattile superficiale e profonda, vibratoria, dolorifica e propriocettiva – ma non sensibilità termica – come anche del controllo volontario di alcuni movimenti degli arti inferiori, confermato sia da valutazioni cliniche che con elettromiografia. Inoltre, miglioramenti delle funzioni intestinali, urinarie e sessuali dipendenti dai segmenti sacrali S2-S5 sono state osservate in entrambi i sessi. Degno di nota il miglioramento della percezione della qualità della vita riportato dai pazienti, evinto dai domini fisico e psicologico del questionario WHOQOL-Breve.
In prospettiva, ortesi ed esoscheletri che necessitano di elettromiografia degli arti inferiori potrebbero essere considerati per pazienti di grado A della scala ASIA, se idonei e sottoposti a un opportuno periodo di riabilitazione con BMIs. Il dolore neuropatico associato ai trattamenti necessita di controllo continuo, e rimane da chiarire in che misura gli effetti del protocollo WA-NR vengano preservati una volta interrotta la riabilitazione.

Video  |  Articolo originale

Interfacce neurali

2018 Nov 26  –  Le interfacce cervello-macchina – o interfacce cervello-computer – mettono in comunicazione diretta segnali elettrici cerebrali e strumenti in grado di decodificarli, trasmettendo informazioni e comandi a dispositivi esterni collegati (le “macchine”). In questo settore, studi sempre più numerosi e avanzati si concentrano sui disabili con impedite capacità motorie (malati di sclerosi laterale amiotrofica, o con gravi conseguenze di lesioni spinali o ictus), affinché possano imparare ad interagire in modo nuovo. Riportiamo la pubblicazione degli ultimi risultati del trial clinico statunitense BrainGate2: grazie a una di queste interfacce, tre pazienti tetraplegici (due malati di sclerosi laterale amiotrofica e uno con lesione spinale cervicale) hanno potuto controllare lentamente il cursore sullo schermo di un tablet reperibile in commercio, e usare programmi e applicazioni comuni. Lo studio prevede l’impianto invasivo nella corteccia motoria di una o due piccole unità (4×4 mm), ciascuna con 96 elettrodi lunghi 1,0-1,5 mm in grado di registrare l’attività di singoli neuroni.

Video su wef.ch  |  Articolo originale

Biomagnetismo

2018 Ott 09  –  I criptocromi formano una classe di flavoproteine (legano il cofattore FAD, sebbene questa informazione risulti controversa per CRY2 dei mammiferi) che partecipa alla regolazione di processi chiave, incluso il ritmo circadiano in piante e animali tra cui l’uomo. Sono stati associati anche ai meccanismi di risposta ai campi magnetici, in particolare in Drosophila melanogaster ed uccelli migratori. Un modello influente per la magnetocezione in questi organismi prevede l’attivazione di una reazione fotochimica a carico del criptocromo che porta alla coppia di radicali [FADH• + O2•–] come intermedio di reazione: il rapporto tra stato di singoletto e tripletto di questa coppia è influenzabile da un campo magnetico esterno come quello terrestre, con conseguente possibile modulazione della funzione regolatrice dell’intera molecola.
Un nuovo studio internazionale coordinato da Margaret Ahmad focalizza l’attenzione sul criptocromo di tipo 1 dell’uomo e sulle specie reattive dell’ossigeno (ROS, l’acronimo inglese), che sarebbero prodotte a partire dalla coppia [FADH• + O2•–] con la separazione del radicale superossido O2•– e il ritorno alla forma ossidata FAD, e/o per vie alternative. Gli autori dimostrano che l’espressione transgenica di CRY1 umano in larve di Drosophila mutanti per il gene omologo ripristina la normale risposta a un campo magnetico applicato. Inoltre, osservano un aumento della produzione di ROS dipendente da criptocromo in linee cellulari di insetto, uomo e topo sottoposte a campi magnetici pulsati. Nella linea umana HEK293 il dato si accompagna a un aumento dell’espressione di geni associati a reazioni di ossidoriduzione. I ROS attivano risposte cellulari sia in condizioni fisiologiche che di stress ossidativo, quando si accumulano a una concentrazione eccessiva e dannosa: meccanismi che prevedano il coinvolgimento di queste specie nella magnetocezione sono compatibili sia con alcuni effetti terapeutici dei campi magnetici pulsati che con effetti patologici da sovraesposizione.

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Pubblicazioni scientifiche

2018 Set 7  –  Al via cOAlition S per accelerare l’accesso libero e completo alle pubblicazioni scientifiche raggiunte grazie a finanziamenti pubblici. Undici enti nazionali – con il sostegno della Commissione Europea incluso il Consiglio Europeo della Ricerca (CER) – si impegnano affinché “entro il 2020 le pubblicazioni scientifiche risultanti da ricerche finanziate da sovvenzioni pubbliche, fornite dai consigli di ricerca e organismi di finanziamento nazionali ed europei partecipanti, siano divulgate attraverso riviste o piattaforme ad accesso libero conformi”.

Parimenti, da luglio 2018 il Governo della Svezia non ha rinnovato i contratti con l’importante editore scientifico Elsevier, e ha pianificato per il 2026 il completamento dell’accesso aperto alle pubblicazioni.

Comunicati: Science Europe – National Library of Sweden  |  Info su scienceeurope.org

Cellule staminali

2018 Set 6  –  Un nuovo studio preclinico mostra un moderato ripristino delle funzioni motorie in topi di laboratorio con una lesione al midollo spinale non superiore al 75%. Il risultato è stato raggiunto trapiantando cellule staminali neuroepiteliali pre-amplificate in vitro, ottenute dai primordi della spina dorsale di embrioni umani deceduti per cause naturali tra la quinta e l’ottava settimana. In base ai controlli effettuati, le cellule trapiantate si sono differenziate efficientemente in neuroni e glia, ricollegando parzialmente le vie nervose interrotte dalla lesione. La validità di questo approccio sperimentale è stata ulteriormente confermata in un modello di ratto, e si è rivelato determinante che l’anatomia del tessuto donatore e ricevente coincidessero.
In generale, lo studio evidenzia uno dei progressi che si registrano in quest’area di ricerca. È stato svolto secondo le disposizioni vigenti negli Stati Uniti e in accordo con la Dichiarazione di Helsinki della World Medical Association.

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Ictus

2018 Giu 25  –  I protocolli di riabilitazione basati sull’utilizzo di interfacce cervello-computer (BCI è l’acronimo inglese di brain-computer interface) sono oggetto di ricerca approfondita. In relazione allo studio descritto di seguito, le BCI possono promuovere processi di plasticità neurale alla base di un parziale recupero funzionale motorio post ictus, grazie al coinvolgimento dei pazienti in tentativi di attivazione volontaria delle aree corticali motorie lesionate (invio di segnali efferenti specifici) e alla concomitante ricezione di adeguati feedback (segnali nervosi afferenti). Lo studio condotto in doppio cieco dal gruppo di José del R. Millán dell’EPFL di Losanna, Svizzera, riporta parziali progressi clinici protrattisi a livelli significativi per almeno 6 mesi dal termine dell’intervento riabilitativo (10 sessioni, 5-6 settimane in tutto) in pazienti cronici con lesione corticale unilaterale e conseguente paresi di una mano da moderata a severa. Tali progressi sono stati quantificati primariamente in base al punteggio nella scala di valutazione Fugl-Meyer: 4 pazienti non hanno mostrato miglioramenti; 8, invece, hanno guadagnato almeno 5 punti dopo la riabilitazione, come anche 2 pazienti del gruppo di controllo. L’interfaccia neurale ha abbinato in tempo reale la rilevazione elettroencefalografica del ritmo sensomotorio correlato a un tentativo di estensione della mano a stimolazione elettrica funzionale (FES) del muscolo estensore comune delle dita, portando a una effettiva estensione completa di polso e dita e al concomitante invio dei relativi segnali propriocettivi e sensoriali. Proprio la contingenza statistica tra queste due variabili ha predetto in modelli di regressione lineare distinti 1) il miglioramento clinico misurato; 2) un aumento della connettività funzionale tra aree motorie dell’emisfero lesionato nelle frequenze μ (10–12 Hz) e β (18–24 Hz) – associate alla performance motoria – correlato positivamente al punteggio nella scala Fugl-Meyer. Sebbene manchino prove dirette, gli autori pongono l’attenzione sull’importanza dei segni di neuroplasticità individuati, con conseguente riorganizzazione di aree corticali e subcorticali chiave e rafforzamento delle proiezioni corticospinali. Lo studio può contribuire a diffondere protocolli personalizzati di riabilitazione assistita da BCI.

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Neuromodulazione

2018 Giu 08  –  Le tecniche di stimolazione cerebrale transcranica sono in continuo sviluppo e si prestano a studi di tipo funzionale, cognitivi e sulla plasticità neurale, oltre ad applicazioni diagnostiche e terapeutiche. La stimolazione con ultrasuoni focalizzati (FUS, l’acronimo inglese) è in una fase sperimentale promettente e sono in corso studi clinici per testarne l’impiego nella cura di malattie psichiatriche e neurologiche. Rispetto alle tecniche di stimolazione transcranica magnetica o a corrente continua, la natura di onda meccanica permette agli ultrasuoni di intervenire più in profondità e su un volume di tessuto ridotto a pochi millimetri di diametro. A bassa intensità – confrontabile o inferiore ai limiti adottati in ecografia clinica – gli ultrasuoni hanno effetti meccanici che prevalgono su quelli termici e incidono sul flusso ionico transmembrana delle cellule bersaglio: possono esercitare un’azione transitoria o a lungo termine, inibendo o eccitando l’attività dei neuroni in base alla regolazione dei parametri dello stimolo. Riportiamo di seguito la review più recente che descrive l’uso e le potenzialità di questa tecnica non invasiva in neuromodulazione (di Jan Kubanek, Stanford University, California). Permane la necessità di acquisire informazioni dettagliate sui meccanismi di funzionamento, gli effetti a lungo termine e i limiti di sicurezza.

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Sclerosi laterale amiotrofica

2018 Mag 30  –  Sebbene le forme ereditarie della sclerosi laterale amiotrofica (SLA) rappresentino il 5-10% dei casi totali, l’analisi approfondita degli effetti di mutazioni rare associate all’insorgenza della malattia può fornire informazioni di importanza generale. Alcune ricerche recenti sulla SLA si sono concentrate su mutazioni e disfunzioni che alterano i normali meccanismi di maturazione dell’RNA messaggero nel corso del differenziamento dei motoneuroni. In particolare, una nuova ricerca ha individuato ritenzione di introni in RNA messaggeri che guidano il differenziamento in vitro di motoneuroni ottenuti a partire da cellule recanti una mutazione nel gene VCP, causa di una forma ereditaria rara della malattia. I ricercatori hanno esteso l’analisi a due modelli transgenici e a campioni di midollo spinale congelati post mortem da pazienti affetti da SLA sporadica (non ereditaria), concludendo che la ritenzione di introni negli RNA messaggeri del gene SFPQ e la perdita della localizzazione nucleare della proteina codificata dallo stesso gene siano validi marcatori molecolari della SLA.

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Interfacce neurali

2018 Mag 17  –  Nel 1999, in seguito a studi approfonditi sui correlati neurofisiologici dell’attività cerebrale, Niels Birbaumer e colleghi pubblicarono un lavoro fondamentale sulle interfacce neurali. La ricerca in questo settore si è progressivamente focalizzata sullo sviluppo tecnologico, trascurando l’importanza dell’apprendimento umano. Quest’ultimo procede per gradi, è dipendente dal rimodellamento delle aree cerebrali coinvolte e caratterizzato, nel caso specifico, dal controllo principalmente inconscio di uno strumento (apprendimento implicito). L’edizione 2016 del Cybathlon ha visto dominare nella categoria di riferimento un approccio basato sullo sviluppo mutuale di apprendimento umano ed automatico (i.e. del decodificatore) e sulla tecnologia di supporto a questa interazione. Due concorrenti con lesione spinale completa C5-C6 hanno imparato a modulare la propria attività cerebrale per controllare un avatar su uno schermo. L’interfaccia utilizzata ha isolato, computato e trasdotto le oscillazioni μ (8–12 Hz) e β (18–30 Hz) dei tracciati elettroencefalografici acquisiti da 16 elettrodi posti sul capo sopra la corteccia sensomotoria.

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Protesi robotiche

2018 Mag 8 –  Prosegue in diversi centri l’implementazione delle protesi robotiche d’arto controllate direttamente dai comandi nervosi o muscolari dei pazienti su cui vengono impiantate, ed è di particolare interesse che queste comunichino anche stimoli tattili (temperatura, grandezza, forma e struttura) e propriocettivi. Ingegneri biomedici della Shanghai Jiao Tong University, in Cina, hanno condotto esperimenti per riprodurre le sensazioni delle dita in soggetti privi di una mano, regolando finemente l’invio di stimoli elettrici transcutanei ai nervi in prossimità dell’amputazione. Lo studio è propedeutico a nuove applicazioni sulle mani protesiche.

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Neuroscienze cognitive

2018 Mar 22  –  Un breve saggio pubblicato sulla rivista Plos Biology descrive uno dei meccanismi in discussione per pervenire a cognizioni di ordine generale. Il percorso iniziale di formazione di nuove memorie prevede, dopo l’attivazione di un insieme funzionale di neuroni dell’ippocampo, una fase di instabilità durante la quale le memorie che non vanno perdute possono essere elaborate e poste in relazione con altre. In questa fase, un importante scambio tra l’ippocampo ed aree della corteccia prefrontale può permettere il collegamento e la sovrapposizione di alcuni dei nuovi elementi con altri noti, pervenendo a delle generalizzazioni.

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Trial clinici

2018 Mar 6  –  La modulazione non invasiva degli impulsi trasmessi nel sistema nervoso centrale è in fase di sperimentazione clinica per il trattamento di numerose patologie e per interventi riabilitativi post trauma. Le tecnologie utilizzate sono principalmente la stimolazione transcranica a corrente continua e la stimolazione magnetica transcranica. Di seguito, il commento della giornalista Helen Thomson apparso sulla rivista Nature, che accenna con semplicità e citazioni essenziali a un campo di vastissimo interesse e in continuo aggiornamento.

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Neuroscienze comportamentali

2018 Feb 19  –  In casi specifici, la capacità dei circuiti neurali di offrire risposte sulla base della distribuzione statistica delle informazioni acquisite si presta ad essere interpretata secondo il teorema di Bayes. In un recente lavoro pubblicato su Nature Communications, è stata avvalorata l’ipotesi che il cervelletto segua un approccio probabilistico bayesiano nell’elaborare risposte ad eventi in rapida successione nel tempo (intervalli anche inferiori al secondo). Gli autori hanno costruito e testato un modello matematico chiamato TRACE – che riproduce le caratteristiche anatomiche e fisiologiche salienti del cervelletto – e condotto esperimenti comportamentali con soggetti adulti. Se confermate ed estese, le loro conclusioni offrirebbero un approfondimento su una funzione complessa, che richiede il coordinamento con altre aree tra cui aree corticali, dei gangli della base e dell’ippocampo.

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Cellule della glia

2018 Feb 7  –  Gli astrociti sono cellule della glia del sistema nervoso centrale. Svolgono importanti attività di regolazione e raccordo tra componenti eterogenee, comprese interazioni bidirezionali con i vasi sanguigni e modulazione dell’eccitabilità dei neuroni e della trasmissione sinaptica. Facendo uso di tecniche di biologia molecolare in ratti di laboratorio, è stato possibile controllare il rilascio vescicolare di gliotrasmettitori da parte degli astrociti del complesso di preBötzinger, centro che invia segnali motori essenziali per determinare il ritmo della respirazione. Lo studio mostra l’influenza diretta esercitata per questa via sull’attività dei circuiti neurali, che diventa critica in condizioni di elevato metabolismo (ipossia e ipercapnia) e concorre a determinare il massimo consumo di ossigeno durante l’esercizio fisico (capacità d’esercizio).

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Ictus

2017 Nov 10  –  Le lesioni unilaterali della corteccia sensorimotoria causate da ictus possono causare danni funzionali non reversibili. Ad oggi, i metodi sperimentali per promuovere il rimodellamento delle connessioni corticospinali e favorire una ripresa funzionale (somministrazione di farmaci o stimolazione transcranica) mancano di selettività. A Zurigo è stato condotto un nuovo studio su ratti adulti con lesione unilaterale da ictus ischemico corticale, che mostra i risultati dell’attivazione optogenetica dei neuroni intatti, controlaterali, della corteccia motoria primaria (M1), secondaria (M2) e somatosensoriale primaria (S1), seguita da un programma intenso di riabilitazione. Per mezzo di un sistema computerizzato di analisi della postura e della cinematica sviluppato presso l’Università di Heidelberg, in Germania, è stato osservato un completo recupero funzionale in test di single pellet grasping. Altri due test che necessitano di movimenti fini degli arti anteriori hanno confermato differenze significative tra gli animali sottoposti a stimolazione – anche in assenza di riabilitazione – e gruppi di controllo. Il recupero è risultato correlato positivamente alla crescita di nuove fibre discendenti verso la metà denervata del midollo spinale cervicale, sia dall’emisfero controlaterale stimolato che ipsilaterale. Il ruolo causale dei neuroni M1 attivati in questi esperimenti è stato desunto avvalendosi nuovamente di tecniche di optogenetica. Questo studio indica le potenzialità offerte dall’attivazione selettiva di precisi circuiti neurali per lo sviluppo futuro di trattamenti post ictus, sebbene l’optogenetica presenti invasività e rischi che allo stato attuale non ne permettono la traslazione alla clinica neurologica.

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Neuroscienze cognitive

2017 Giu 29  –  Contando sul giusto equilibrio tra informazioni trattenute (memorizzate) e transitorie (dimenticate), gli individui possono mostrare un’adeguata flessibilità nelle risposte e nelle decisioni. Eliminare dalla memoria informazioni irrilevanti, privilegiando l’integrazione di quelle accomunabili o ricorrenti, coadiuverebbe l’elaborazione di cognizioni generali utili a prevedere esiti ed eventi futuri. Gli autori dell’articolo che riportiamo hanno rivisitato questa ipotesi non nuova alla luce delle ricerche più recenti, tracciando un parallelo originale tra i meccanismi sinaptici coinvolti e le strategie di costruzione dei modelli computazionali per reti neurali e intelligenza artificiale.

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Cellule staminali

2017 Apr 12 –  Un nuovo lavoro pubblicato su Plos Biology sottolinea l’utilità dell’analisi sistematica del trascrittoma e di un approccio esteso anche alla farmacogenomica. Attraverso l’infusione intraventricolare di molecole farmacologiche identificate grazie al solo ausilio di risorse informatiche, Azim, Angonin e colleghi sono stati in grado di controllare l’attivazione in vivo delle cellule staminali neurali della zona sottoventricolare dei ventricoli laterali di topo. Al centro della sperimentazione i cambiamenti trascrizionali in grado di promuovere dalla nicchia dorsale 1) l’oligodendrogenesi in età post-natale e 2) la generazione nell’adulto di precursori sia dei neuroni glutamatergici che degli oligodendrociti, in contrasto col normale declino delle capacità delle staminali neurali che si osserva in età adulta. Ulteriori risultati preliminari sono stati ottenuti in un modello murino di lesione cerebrale post-natale. Nell’insieme, questi dati incoraggiano le ricerche sull’attivazione delle cellule staminali endogene allo scopo di rigenerare il tessuto nervoso lesionato.

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Scienza aperta

2016 Dic 16  –  Richard Gold (McGill University, Montreal, Canada) descrive il programma quinquennale del Montreal Neurological Institute per realizzare politiche di accesso aperto ai propri dati e materiali (risorse digitali e metadata, strumenti informatici, pubblicazioni, campioni biologici) ed evitare al contempo richieste di nuovi brevetti. Il programma coinvolge anche la ricerca clinica, nel rispetto di norme più stringenti, e punta a velocizzare e verificare lo sviluppo di un nuovo polo scientifico sul territorio, favorendo le sinergie con soggetti privati e il coinvolgimento di pazienti affetti da patologie del sistema nervoso.

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Scienza, tecnologia e innovazione

2016 Apr 19  –  Gli UNESCO Science Report esaminano lo stato di scienza, tecnologia e innovazione (STI) nel mondo. La più recente pubblicazione “Towards 2030” è ora in rete, e inquadra l’evoluzione STI nel contesto socio-economico, geopolitico e locale che contribuisce a delinearne l’indirizzo.

Documento originale  |  Info su unesco.org

Cellule staminali

2014 Dic 16  –  Allo studio tecniche per indurre la riprogrammazione in vivo di cellule non neuronali in nuovi neuroni, allo scopo di riparare lesioni del sistema nervoso centrale. L’espressione retrovirale del fattore di trascrizione Sox2, da solo o in combinazione con Ascl1, promuove la neurogenesi in un modello murino di lesioni traumatiche della corteccia cerebrale. Le principali cellule riprogrammate sono NG2 glia attivatesi in conseguenza del danno cerebrale. I nuovi neuroni arrivano a uno stadio di differenziamento non completamente maturo.

Articolo originale  |  Info su sciencedaily.com



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